Su di te non ho ancora scritto sul BLOG.
Ma la tua foto è esposta nella vetrina della mia cucina, da tre mesi.
E mi guardi dall’alto in basso, dal secondo ripiano, lì, vicino alla zuppiera di ceramica, quella che non ho mai usato, quella con otto ciotole abbinate e decorate con fiori gialli e blu.
Sai che sei l’unica persona al mondo che io ho dato per scontato, quella che nel bene e nel male è penetrata nel mio DNA e l’unica che io ho sempre sentito presente, dal giorno in cui sono nata?
L’ho capito solo l’11 aprile, quando tu hai lasciato questo mondo ed hai percorso il viale illuminato della vita eterna.
Ora dove sei?
Vicino all’uomo con cui hai diviso tutta la vita, quello che hai amato con tutta te stessa, quello con cui hai bisticciato, fatto pace e percorso un’avventura piena di sacrifici e difficoltà.
I tuoi racconti sono ancora impressi nella mia mente: quando a piedi, nel periodo della guerra, vi spostavate a piedi da Rimini a San Marino, per evitare i bombardamenti, tu, con in grembo mia madre; quando lavoravate la terra per il padrone e dividevate in troppe persone due piccole stanze; quando hai rubato un calzino ad un militare caduto, l’hai guastato e ne hai ricavato un abito per la tua bimba appena nata, quando ero piccola e tu mi portavi a letto, con in mano un ghiacciolo e mi chiedevi: “C’è un morsicino anche per me?”.
Il mese precedente all’esame di maturità, l’ho trascorso nella tua casa di montagna a Cà Romano
con quattro compagne di classe. Ho di fronte agli occhi l’immagine nitida dello studio, un’ampia stanza da pranzo, con un lungo tavolo ovale al centro e due enormi mobili con specchiera sulle pareti. I ripiani di tutti i mobili erano carichi dei libri di testo, dei quaderni, della cancelleria e dei fogli degli appunti e di manoscritti. Tutti i giorni dalla domenica al venerdì mattina, trascorrevamo il nostro tempo a studiare, scrivere, ma anche passeggiare, mangiare i manicaretti che ci preparavi, giocare a carte con te, che ci sfidavi a briscola, scopa o ci insegnavi a fare il solitario.
Ricordo ancora l’odore della spianata che tu ci preparavi!!! Fantastica.
I miei cassetti sono ricchi dei tuoi tesori: centrini, presine, grembiuli, strofinacci, tovaglie, camice da nottte, portatovaglioli … tutti impreziositi dal tocco creativo delle tue mani. I tuoi pizzi hanno fatto il giro dell’Italia, tutti li conoscono, in molti ne hanno ricevuto uno in dono.
Il giorno in cui ti abbiamo porto l’ultimo saluto, la chiesa era piena di gente; centinaia di persone che hanno stretto le nostre mani, hanno baciato le nostre guancie, sostenuto le nostre fronti e asciugato le nostre lacrime.
Anche oggi che sono passati diversi giorni, quando penso a te ed anche ora che sto scrivendo, piango.
Non per tristezza, ma per la gioia di averti avuto.
Gli ultimi giorni che hai trascorso in ospedale hai avuto la possibilità di incontrare tutte le persone a te care, quelle che ti hanno amato tanto. E’ stato il tuo saluto alla vita, il tuo dolce commiato dalla vita che ti ha vista appassionata e guerrigliera.
I tuoi occhi sono e saranno sempre il mio specchio e quando ti guardo dal basso verso l’alto e penso che avrei bisogno di te, mi sembra di avere un Angelo in Paradiso.
(mirtilla 08/07/2008)